martedì 28 febbraio 2017

La recensione di Maràssa e Curàtta a cura del dott. Michele Armanini

Con grande onore vogliamo condividere le bellissime parole spese dal dott. Michele Armanini, storico e ricercatore di tradizioni, usi e costumi, dopo la lettura di Maràssa e Curiàtta.


È per me un vero piacere scrivere queste righe sul lavoro di Claudio Gallini. "Maràssa e Curiàtta" rappresenta infatti qualcosa di più di un libro o di una ricerca dialettale.
Innanzi tutto è evidente in ogni pagina, in ogni riga, l'attaccamento e l'affetto verso il proprio territorio da parte di un giovane ricercatore che è riuscito ad unire l'amore per il paese dal quale proviene la sua famiglia e la serietà e scientificità con la quale ha raccolto i lemmi che vanno a formare il vocabolario.
Il territorio in cui è stata effettuata la raccolta delle voci dialettali, l'area groppallina, rientra in quel comprensorio appenninico che dalle alte valli del Taro, del Ceno e del Nure (e dalla testata della Val d'Arda) si ricongiunge alle così dette Quattro Province, ossia alle alte valli dei fiumi Trebbia, Staffora, Curone ed agli interi bacini dell'Aveto e della Borbéra. Nonostante divisa tra più regioni (Emilia, Lombardia, Piemonte e Liguria), si tratta di una zona che ha profonde radici comuni e se volessimo dare un'etichetta a queste radici, non ci sarebbero dubbi nel definirle "liguri". Non solo perché prima della conquista romana gran parte di questo territorio era abitato dai Liguri Eleati, poi Veleiati, ma anche e soprattutto perché, oggi, la lingua, le tradizioni,gli, usi, i costumi e per molti aspetti la cucina tradizionale sono chiaramente connessi a quelli della montagna ligure.
Da anni conduco inchieste di tipo dialettologico ed etnologico anche in questi territori, ai quali sono molto affezionato, inchieste volte a documentare la lingua, gli usi ed i costumi della zona, che, anche se pochi lo sanno, molto hanno in comune con quelli del mio territorio, cioè quello delle Alpi Apuane, della Garfagnana, della Lunigiana e dello Spezzino.
"Maràssa e Curiàtta" è uno dei pochi lavori ad oggi esistenti sui dialetti della Montagna Piacentina, nonostante si tratti di parlate di transizione estremamente interessanti, sia dal punto di vista geolinguistico che da quello lessicale. Il lessico, specie quello rurale, e questo è ben evidente già nel titolo del lavoro di Claudio, fa "da ponte" tra la linguistica e l'etnografia; ci proietta, cioè, in quel mondo di oggetti, azioni, concetti che formano la cultura di una comunità e spesso la sua stessa identità. Infatti è proprio da questo genere di "dati" che solitamente gli abitanti di un determinato territorio o frazione avvertono le affinità o le diversità rispetto ai propri vicini. 
E il lessico groppallino immortalato (in tutti i sensi) in "Maràssa e Curiàtta" è una miniera di dati, ad esempio per determinare l'appartenenza di quel territorio all'area culturalmente ligure della Montagna Piacentina. Pensando ancora una volta al titolo, che riporta le denominazioni locali della roncola e della falce fienaia, ci accorgiamo che, se la prima è indicata col termine maràssa anche nelle zone culturalmente emiliane del Piacentino, la seconda è detta curiàtta e simili solo nelle zone in cui l'impronta ligure è decisamente prevalente:  già in altre zone più "padane" del comune di Farini (Mareto, San Savino, Pradovera) la denominazione cambia e diventa fèr da sgà e simili. E così per molte altri vocaboli, per i quali il nostro Autore si è adoperato a riferire l'area di diffusione.
Nel mondo "ligure" il dialetto groppallino ha certamente una posizione di frontiera. L'aspetto più evidente è la caduta delle vocali atone finali diverse da a nei casi in cui esse cadono anche nei dialetti padani, mentre è noto che quelli liguri le mantengono (a parte alcuni casi come nelle desinenze -ano, -ino, -one, -ane ecc.). Ci sono zone molto vicine a Groppallo in cui le vocali finali sono conservate, ad esempio a Centenaro, Monetereggio, in pare del comune di Morfasso e naturalmente nel Bardigiano ed in Val Trebbia a partire dalla zona di Lago e in parte Marsaglia di Corte Brugnatella. Ma grazie a Claudio Gallini ed al suo lavoro sappiamo che il groppallino più arcaico, quello che verosimilmente conserva le caratteristiche del dialetto che veniva parlato fin verso la fine dell'Ottocento, aveva alcune parole che in italiano finiscono con la o e che invece nella bocca di alcuni anziani finivano con la e. Questo è molto interessante perché anche in altre zone di confine tra la Liguria e la Padania linguistiche (ad esempio in molte parti delle mie Lunigiana e Garfagnana, dove l'influsso padano e in parte toscano sembrerebbero essersi innestati su di un fondo che l'amico Pier Giorgio Cavallini definisce ligure arcaico) le vocali finali invece di scomparire del tutto si sono trasformate in una vocale indistinta (detta anche schwa), sorta di via di mezzo tra una e ed ed una o, che in alcuni dialetti si è poi trasformata in una semplice e. 
Dal punto di vista etnografico sono molto interessanti anche le fotografie presenti in "Maràssa e Curiàtta", nelle quali si possono notare alcune caratteristiche peculiari di Groppallo: ad esempio la "gabbia da foraggio", quella cesta cilindrica  a maglie rade usata per trasportare lo strame che serviva da lettiera alle bestie o il fieno, nel Groppallino è una sorta di via di mezzo tra quella con diametro della base molto maggiore dell'altezza, tipica dell'area collinare e pianeggiante del Piacentino (e del resto dell'Emilia), e quella di forma più "a tamburo", cioè con diametro della base minore dell'altezza, tipica della zona delle Quattro Province e delle alte valli Taro e Ceno.
Insomma, "Maràssa e Curiàtta" è un volume indispensabile sia per gli abitanti di Groppallo, sia per i molti suoi figli sparsi per l'Italia e per il mondo che anche grazie a lavori come quello di Claudio Gallini possono mantenere vivi i contatti con la propria terra. Ma il lavoro è prezioso anche per gli studiosi dei dialetti e della cultura della Montagna Appenninica e del nostro Paese in generale, fatto di tante, tantissime Groppallo, grazie a Dio tutte diverse tra loro, con una propria identità linguistica, agricola, paesaggistica, gastronomica, architettonica eccetera. È proprio questa estrema varietà uno degli aspetti che il mondo ci invidia e che fa sì che l'Italia sia meta così ambita dai turisti di tutto il globo.

dott. Michele Armanini


Il dott. Michele Armanini

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